giovedì 24 luglio 2008

Funny Games

Funny Games, un film promosso come un Arancia Meccanica del 2008, sarà un ottimo candidato ai Razzies (gli Oscar "al contrario"), per la categoria peggior film.
Un film dal ritmo lento che promette accelerazioni che non offre mai; che manifesta delle buone scelte di regia, molto originali, ma si barcamena su un canovaccio senza senso e senza valore con dei dialoghi che son più sproloqui senza senso.
E' più che evidente che sia in fase di sceneggiatura che di regia si è cercato sempre e comunque la soluzione meno normale, il "colpo di teatro", e il colpo non è mai partito per quanto riguarda la sceneggiatura, e non sempre per la regia.
L'inizio pareva interessante, dopo il palesarsi della vera realtà delle cose il film diventa un'accozzaglia di scelte senza alcun senso, che neanche riescono a determinare il film, essendo esso stesso privo di qualsivoglia senso.
Non esiste alcuna introspezione psicologica, si cerca continuamente la scelta non convenzionale ma non lo si fa quando sarebbe veramente interessante, e così anche in questo film ci sono i soliti comportamenti idioti che nessun essere senziente farebbe propri che mettono a repentaglio l'incolumità dei protagonisti. E così la sceneggiatura sconclusionata si fregia di dialoghi idioti e produce un risultato di quelli che non ti fanno sorprendere se della gente davanti a te, al cinema, si alza e se ne va.
Per fare un film sadico non c'è bisogno di cadere nello splatter, giusto, non c'è bisogno di Hostel, si può fare una cosa diversa, bellissime in proposito alcune scelte di regia, ma qui il sadismo non c'è, il film non decolla mai.
Un film assolutamente sconsigliato, belle alcune scelte di regia, ma l'idiozia, non la follia, non la disperazione, proprio l'idiozia, di molte scelte, di quasi tutti i dialoghi e dei comportamenti dei componenti della famiglia provocano una frustrazione che difficilmente permetterà di restare seduti fino alla fine del film.




SPOILER



Assolutamente convincente il film fino al colpo di mazza, dopo di che assistiamo al solito uomo che con un ginocchio rotto può solo strisciare, come se nessuno si fosse mai rotto un ginocchio prima, e generalmente è l'invalidità dell'uomo che permea l'imbecillità di tutte le scelte. Lo "strip" non testimonia alcuna umiliazione o disperazione perché troppo breve, perché non inquadrato, tutto il sadismo va a farsi friggere. Il bambino non sa recitare, tutte le attenuanti del caso, ma è ridicolo quando vuol sembrare spaventato, non suscita angoscia, ma ilarità. Le fughe sono ovviamente le solite fughe idiote da film, comprensibilmente quella del figlio, non quella della madre, che perde anni ad armeggiare col telefonino invece che passarlo all'impedito, che non è in grado di scavalcare il cancello che quasi scavalcava il bambino e perde un'ora nella rimessa a cercare le tronchesi, che ignora la fuga in barca verso altre ville, non valutando che in barca sarebbe stata irraggiungibile.
Stucchevole il rivolgersi alla telecamera di Micheal Pitt, la cosa ha un senso dai discorsi dello stesso, ma è davvero stucchevole, interrompe una suspense già debole ed un ritmo già lento; fino ad arrivare al culmine del rewind che ammazza ogni speranza che il film prenda quota e diventi quel Arancia Meccanica che millantava come ispiratore.

I due personaggi di Pitt e Corbet sono indovinati, si può accettare che non ci sia alcuna indagine psicologica sui due carnefici, ma se questo non avviene neanche sulle vittime, il film o diventa splatter o diventa inutile, e questo non diventa splatter.
Orribili i pianti delle vittime, non coinvolgono mai proprio perché questa famiglia non la conosce nessuno, sembran solo degli idioti che si muovono senza logica nello spazio circostante...

Insomma, un film con alcune scelte di regia interessanti, disgustoso sotto ogni altro punto di vista.

martedì 15 luglio 2008

Gli interessi in comune

Oggi voglio consigliare il libro di un amico che mi è molto piaciuto e che consiglio a tutti i lettori di questo blog.



Un gruppo di ragazzi che non è neanche un gruppo. Iacopo, Sandrone, il Mella, il Paride, il Dimpe e il Malpa sono ragazzi che si barcamenano nella provincia toscana durante 10 anni di infinita adolescenza.
Vanni racconta lo scorrere senza meta di quello che è un gruppo senza "interessi in comune" se non quello della sperimentazione di tutti gli stati mentali indotti che qualunque droga, sintetica o meno, possa indurre, ma "l'eroina no", perché i ragazzi hanno un cervello, un'etica, una coscienza collettivi, non comuni, che vanno vissuti per essere compresi, ma sono sempre ben presenti nelle scelte dei ragazzi.

E così si delinea la vita di un "gruppo di estranei", ognuno con i propri interessi e le proprie vite, che si intersecano per un solo interesse in comune.


Nel suo primo romanzo Vanni Santoni propone lo stesso stile crudo e brutale dei Personaggi Precari e riesce a far vivere un'adolescenza di provincia, delle province Aretina e Fiorentina, che non sarebbe altrettanto coinvolgente se raccontata in altro modo.
Santoni ha scritto quindi, secondo il sottoscritto, un bellissimo romanzo generazionale. Non hanno senso i paragoni in letteratura, di certo però non voglio rischiare che per "generazionale" si intenda qualcosa che sia in qualche modo riconducibile al Moccia, al Moccismo o al Moccionismo.

A livello personale riconosco a Vanni un certo debito verso Salingher, sul gusto personale non temo critiche o smentite e mi sento di consigliare questo libro che non ha avuto in me un effetto molto diverso da "il giovane Holden".